Nel Simbolo la parola credo ricorre quattro volte: per tre volte seguita dalla preposizione in e per una volta da nessuna preposizione. Con il credo in intendo esprimere un atteggiamento di fiducia, di incontro e di abbandono a Dio. Credo in Dio è un'espressione che va ben oltre il ritenere vero che Dio esiste: questo lo sanno anche i demoni (Gc 2, 19). Essi però non credono in Dio, cioè non affidano alla Sua provvidenza la propria esistenza, non lo amano, non gli ubbidiscono, non lo vogliono incontrare.
La quarta occorrenza della parola credo («credo la Chiesa») è ben diversa. Non dico: credo nella Chiesa, perché non affido la vita agli uomini che formano la Chiesa. Dico: credo la Chiesa, per affermare che so che la Chiesa è opera di Dio e quindi Gliene sono riconoscente e mi onoro di farne parte. Affido invece la mia vita all'unico Dio, l'unico capace di accogliere la vita umana e di sostenerla e di amarla per l'eternità.
Professiamo l'esistenza di un solo Dio perché Egli stesso si è rivelato al popolo d'Israele come l'Unico: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore» (Dt 6,4) e ancora «perché io sono Dio, non ce n'è altri» (Is 45,22). Cristo stesso l'ha confermato: «Il Signore nostro Dio è l'unico Signore» (Mc 12,29). Professare la Trinità, cioè credere che Gesù e lo Spirito Santo sono anch'essi Dio e Signore non introduce alcuna divisione nel Dio Uno e non significa che esistano tre divinità, tre dèi. Il termine Trinità non compare esplicitamente nei Simboli, così come non compare nella Sacra Scrittura: esso è frutto di una riflessione su Dio, come ci è manifestato da Gesù, che parla di Sé come del Figlio unico del Padre e parla dello Spirito Santo come di un Altro: è la Tri-unità, la Trinità. Dio rimane Uno nella Sua essenza, benché la Luce percepita dai miei occhi risponda a Tre colori diversi. L'esatta natura della Trinità è per l'uomo un mistero insondabile con la sola ragione (CCC, nn. 200-202, 228, 232-237, 243-248, 257-260 267).
L'unità di Dio impegna l'uomo a non sottomettersi alle leggi umane che spingono all'idolatria: all'idolo del denaro (la legge del profitto, dell'egoismo, dello sfruttamento), all'idolo del piacere (la legge del consumismo, del soddisfacimento del solo interesse personale, del falso "progresso sessuale"), l'idolo della materia (la legge del materialismo, della secolarizzazione, dell'apparire che sopravanza l'essere).
Il padre è colui che nella nostra esperienza terrena dà origine ai figli. Dio è Padre in quanto da Lui parte ogni generazione e ogni iniziativa d'amore. Padre è il nome che Gesù stesso ci insegna ad usare per rivolgerci Dio. Un termine che ci eleva, rendendoci più vicini a Lui, che conferma la Sua superiorità e la grandezza del Suo amore, ma anche la Sua tenerezza e la Sua vicinanza alla vita e alle vicende umane, come un padre con i suoi figli. Questa fede in Dio Padre ci fa rifiutare l'atteggiamento della secolarizzazione, che propone agli uomini un modo di essere che esclude Dio, in ripetizione del peccato originale e, è ben evidente ogni giorno, di quello di Caino. Per un maggiore approfondimento dell'appellativo Padre rivolto a Dio: Anche noi siamo figli di Papà! Spiegazione del Padre Nostro.
L'onnipotenza di Dio è universale, misteriosa, e si manifesta nel creare il mondo dal nulla e l'uomo per amore, ma soprattutto nell'Incarnazione e nella Risurrezione del Suo Figlio, nel dono dell'adozione filiale e nel perdono dei peccati (CCC, nn. 268-278).
Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono il principio unico e indivisibile del mondo, anche se l'opera della creazione del mondo è particolarmente attribuita a Dio Padre. La creazione è il fondamento di tutti i divini progetti di salvezza; manifesta l'amore onnipotente e sapiente di Dio; è il primo passo verso l'Alleanza dell'unico Dio con il suo popolo; è l'inizio della storia della salvezza culminante in Cristo (CCC, nn. 279-289, 290-292, 315-316).
Affermare che Dio è creatore di tutto significa anche affermare che tutto ciò che esiste ha uno scopo, che nulla è inutile, che tutto è stato fatto con Sapienza. Di ogni creatura «Dio vide che era cosa buona». L'impegno dell'uomo è a non distruggere la Creazione e anzi ad essere riconoscente e a godere di ogni cosa secondo la volontà di Dio: tutto ciò che è stato creato da Dio è buono e nulla è da scartarsi, quando lo si prende con rendimento di grazie (1 Tm 4, 4).
Per quanto creatore di ogni cosa, Dio non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente, la causa del male. La fede ci dà la certezza che Dio non permetterebbe il male, se dallo stesso male non traesse il bene. Dio questo l'ha già mirabilmente realizzato in occasione della morte e risurrezione di Cristo: infatti dal più grande male morale, l'uccisione del suo Figlio, Egli ha tratto i più grandi beni, la glorificazione di Cristo e la nostra redenzione (CCC, nn. 309-314, 324, 400).
A queste entità, che sfuggono alla normale osservazione dell'uomo, ci riferiamo comunemente come ad angeli e demòni. Di loro sappiamo che sono creature di Dio puramente spirituali, incorporee, invisibili e immortali, esseri personali dotati di intelligenza e di volontà e che, come l'uomo, non sono pari a Dio né tantomeno al di sopra di Lui. Anche i demòni sono creature di Dio, in quanto creture esistenti (Egli è il Creatore di tutto ciò che esiste) libere di scegliere. La loro esistenza dipende solo da Dio, l'abominio che sono divenuti dipende solo dalla loro libera scelta di compiere il male. È bene ribadire che, per quanto il principe di questo mondo voglia farci credere il contrario, esso è una creatura come noi e in nulla accostabile all'unico Dio. Satana non è quindi propriamente in lotta con Dio, perché Dio ha già vinto dall'eternità e nessuna creatura potrà mai porsi in competizione con Lui. È altresì cosa buona sgomberare il campo da ogni fraintendimento: satana esiste, non come entità simbolica, personificazione mitica del male del mondo, ma come entità spirituale reale, personale, agente nel mondo, per quanto non corporea e dunque priva, in senso stretto, di corna, coda e forcone! Negare l'esistenza del demonio è negare parte di quanto affermato da Cristo: la vita di Gesù è stata una lotta continua al maligno per smascherarlo e scacciarlo dall'uomo. Benché terribile nel Suo abominio, il nemico di Dio e dell'uomo non deve fare paura, perché il giusto sa bene di chi è figlio. (CCC, 328-336, 350-352, 391-395, 414).
Dando a Cristo (l'Unto, in greco; Messia in ebraico) il titolo di Signore riconosciamo la Sua divinità:>nella Bibbia, questo titolo designa abitualmente Dio Sovrano. Gesù lo attribuisce a Sé stesso, rivelando la Sua sovranità divina mediante il Suo potere sulla natura, sui demòni, sul peccato e sulla morte, soprattutto con la sua Risurrezione. (CCC, 446-451). Dio non ha dato a nessun altro, se non al Suo Cristo, potere e autorità. Non è un caso che in entrambe le versioni del Simbolo il passo che fa riferimento a Cristo è il più lungo: è Lui che ci fa conoscere il Padre e ci conduce a Lui, ed è in Cristo che si è manifestato lo Spirito Santo. Conoscere Gesù e seguirlo è la via per conoscere Dio. Cristo è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione” (Col 1,15). In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste (Gv 1,1-3). Egli è l'Unigenito, perché nessuna creatura, uomo o angelo che sia, potè, può o potrà mai arrogarsi diritti divini. Chiunque pretenda per sé questo diritto è un anticristo. Attualmente il mondo ne ha molti: alcuni uomini politici, capi di sette, lobby economiche, culturali e scientifiche, coloro che pretendono di paragonare il Cristo ad un "grande uomo", un geniale pensatore o un rivoluzionario come tanti. Ma noi sappiamo che Dio ha un solo Figlio e noi un solo "Gesù": è il nome che l'angelo Gabriele ha indicato a Maria per il nascituro, è il nome che Pilato ha fatto scrivere sopra la croce, è il nome che è al di sopra di ogni nome (Fil 2,9), perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra (Fil 2,10). In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati (At 4,12).
Cristo è generato da Dio come Dio e non creato come una creatura (angeli, uomini,...). Non è "un altro" Dio, alternativo al Padre, ma Seconda Persona della Trinità. Non è neppure soltanto un profeta, ma Dio-con-noi. È Luce che dà la vita e che non contiene traccia di male, che è l'ombra che regna dove la luce non arriva, né come Dio né come uomo. È Dio vero e completo, non fasullo, parziale, apparente. Negare la completa e perfetta divinità (e la completa e perfetta umanità) di Cristo significa invalidare la Sua morte redentrice e la Sua Risurrezione. Se infatti Colui che è morto sul Calvario era un uomo come gli altri, la Sua morte e risurrezione non sarebbe in grado di salvarci. Come noi oggi, già i Padri del Concilio di Nicea (325) dovettero confrontarsi con coloro che intendevano negare la reale divinità di Cristo: allora la setta Ariana, oggi molti di più. È per questo motivo che i Padri conciliari insistono con ben cinque espressioni nell'affermare la medesima verità. La linea dei Padri conciliai è di adesione a quanto essi stessi hanno ricevuto dagli Apostoli attraverso i Vangeli e di difesa della verità dell'insegnamento apostolico per le generazioni di cristiani che seguiranno.
Nell'Apocalisse la medesima adorazione che viene tributata a Dio viene pure donata all'Agnello, Cristo: «A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli» (Ap 5,13). San Pietro (2Pt 1,1) e San Paolo (Col 2,9) ribadiscono questa verità. Anche i nemici di Cristo avevano capito come Egli si presentava: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio» (Gv 10,33). Ciò non deve stupire: in fondo gli Apostoli e i nemici di Cristo avevano ben chiaro ciò che Gesù stesso aveva chiaramente affermato: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono» (Gv 8,28) e ancora «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono» (Gv 8,58). "Io Sono" è il modo in cui Dio stesso si presentò a Mosé (Es 3, 14). Oppure: «sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre» (Gv 10,38), «E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17,5) e ancora «Siano come noi una cosa sola!» (Gv 17,11). Non sono possibili soluzioni di compromesso, neppure in nome del dialogo interreligioso: o crediamo che Cristo fu un bestemmiatore, oppure che è veramente Dio.
Nel Nuovo Testamento questa verità è affermata molte volte (Col 1, 16a; Col 1, 16d; 1 Cor 8, 6; Gv 1, 3; Ebr 1, 2): Padre e Figlio erano uniti nell'opera creatrice. La creazione è attuata tramite la Parola di Dio, il Suo pensiero, e Cristo è il Verbo (in greco il logos: λόγος) stesso di Dio. È per questo motivo che ogni creatura è completa quando può riflettere la gloria del Figlio e ogni creatura mi dice qualcosa della Trinità: tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui e in vista di Lui (Col 1,16) e noi esistiamo grazie a Lui (1 Cor 8,6). Come affermava anche Sant'Agostino, tutto il Creato è segno, indicazione, che porta a conoscere la Trinità. Quanto grande è perciò il valore della Creazione e quanto rispetto merita ciò che ci circonda!
L'incarnazione del Figlio, il Suo farsi prossimo all'uomo assumendone pienamente la natura, è un atto d'amore nei confronti di tutti gli uomini di ogni epoca: per riconciliare noi peccatori con Dio; per farci conoscere il suo amore infinito; per essere il nostro modello di santità; per farci «partecipi della natura divina» (2Pt 1,4). Egli vuole la nostra salvezza, anche se oggi non ci vediamo più perduti e bisognosi di essere salvati, così potenti in noi stessi e nelle scoperte della scienza.
Ma cos'è questa salvezza? Gesù ha usato queto termine molte volte nel rivolgersi a qualcuno che con coraggio si è avvicinato a Lui: Zaccheo, il Samaritano lebbroso, il cieco di Gerico, la donna peccatrice,... Tutti loro hanno in comune l'essersi distanziati dal "pensiero dominante", dal modo di fare e di pensare di tutti, per incontrare Gesù. È Cristo stesso a spiegare che è la fede di queste persone ad averle condotte alla salvezza, ad occuparsi di Lui, a distanziarsi dai legacci del mondo.La salvezza è un dono che ci raggiunge se facciamo il passo per accoglierla: la salvezza è un dono che Dio porge a tutti, ma che può accogliere solo chi si sforza a porgere mani svuotate di ogni orgoglio e di ogni sicurezza verso di Lui.
Il Cristianesimo non è una religione. La religione è il movimento dell'uomo verso Dio, un movimento sempre inadeguato e legato alla cultura in cui l'uomo è immerso, all'intelligenza e alla fantasia, talvolta alla stravaganza. La fede, invece, è il movimento dell'uomo verso il Dio che si rivela, attravreso il quale l'uomo accoglie ciò che gli viene rivelato dall'unica Parola di Dio, indipendentemente dalla cultura e dalle esperienze di provenienza. Perciò parliamo propriamente di fede cristiana e di religioni.
L'Incarnazione è il Mistero dell'ammirabile unione della natura divina e della natura umana nell'unica Persona divina del Verbo, Cristo. Per realizzare la nostra salvezza, il Figlio di Dio si è fatto carne (Gv 1,14), diventando veramente uomo, assumendo un vero corpo umano attraverso il quale Dio invisibile si è reso visibile (per questa ragione Cristo può essere rappresentato e venerato nelle sante immagini) e un vero cuore umano, con il quale Gesù ci ha conosciuti e amati.
L'Incarnazione di Cristo nel grembo della Vergine Maria è avvenuta per opera dello Spirito Santo e senza la collaborazione di uomo, secondo quanto l'Angelo aveva annunciato a Maria: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). Lo stesso verrà rivelato anche a Giuseppe: «il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20).
Cristo è Figlio del Padre secondo la natura divina e Figlio di Maria secondo la natura umana, ma propriamente Figlio di Dio nelle due nature, essendoci in lui una sola Persona, quella divina. Maria è rimasta Vergine nel concepimento del Figlio suo, Vergine nel parto, Vergine incinta, Vergine madre, Vergine perpetua (sant'Agostino), Vergine cioè prima, durante e dopo la nascita di Cristo. Quando i Vangeli parlano di "fratelli e sorelle di Gesù" si riferiscono a parenti prossimi (cugini) di Gesù, secondo un'espressione frequente nella Sacra Scrittura, sin dall'Antico Testamento. Maria è Madre di Dio, perché madre di Gesù, che è Dio, e perché ha compiuto la volontà di Dio: «Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre» (Mc 3, 35). Nulla è impossibile a Dio: Egli è libero dai nostri condizionamenti e dai nostri limiti, sia da quelli mentali che da quelli creaturali, fisiologici. Alla Vergine Cristo ha affidato il discepolo prediletto, presentandoglielo come figlio: in questo gesto di Gesù vediamo l'intenzione di affidare Maria a tutta la Chiesa. Venerando (e non adorando!) Maria con molti titoli i cristiani di tutte le generazioni proclamano la bellezza e la grandezza dell'opera di Dio.
L'incarnazione del Figlio di Dio è una delle affermazioni basilari della fede, tanto che San Giovanni avverte: ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell'anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo ( 1Gv 4,2-3). (CCC, nn. 456-460, 464-467, 469, 475-477, 482, 484-486, 496-498, 503, 499-507, 510-511).
Il Mistero pasquale, che comprende la passione, morte, risurrezione e glorificazione di Cristo, è al centro della fede cristiana, perché il disegno salvifico di Dio si è compiuto una volta per tutte con la morte redentrice del suo Figlio. Cristo venne accusato da alcuni capi d'Israele di agire contro la Legge, contro il tempio di Gerusalemme e in particolare contro la fede nel Dio unico, perché Egli si proclamava Figlio di Dio. Per questo lo consegnarono a Pilato, perché lo condannasse a morte
È la seconda volta che nel Credo diciamo questo per noi. Tutta la vita di Gesù è un dono di Dio per noi, tutta la vita di Cristo è libera offerta al Padre per compiere il suo disegno di salvezza: Egli è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti (Mc 10,45) e noi in questo abbiamo conosciuto l'amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi (1Gv 3,16).
Gesù è stato crocifisso, ha conosciuto una vera morte e una vera sepoltura. Gli interventi di Dio sono concreti, reali, avvengono nel tempo, in un luogo preciso, con testimoni oculari. La croce è stata, ed è ancora per molti, scandalo e stoltezza. Per chi crede, però, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio (1Cor 1,24).
L'affermazione del Simbolo educa l'uomo ad accettare la morte come passaggio normale e sano della vita, partecipazione a quella di Cristo, e in preparazione ad essa a vivere con distacco dal mondo. Se il Figlio di Dio l'ha vissuta e vinta, la morte per l'uomo non è più un valico insormontabile (CCC, nn. 571-576, 595-598).
Nel Simbolo degli Apostoli troviamo anche discese agli inferi. Gli inferi - diversi dall'inferno della dannazione - costituivano lo stato di tutti coloro, giusti e cattivi, che erano morti prima di Cristo. Con l'anima unita alla sua Persona divina Gesù ha raggiunto negli inferi i giusti che attendevano il loro Redentore per accedere infine alla visione di Dio. In questo modo anche i giusti vissuti prima di Cristo sono stati salvati da Lui (CCC, nn. 632-637).
La Risurrezione di Gesù è la verità culminante della nostra fede in Cristo e rappresenta, con la Croce, una parte essenziale del Mistero pasquale. Anche nella Risurrezione scorgiamo l'opera della Trinità. Le tre Persone agiscono insieme secondo ciò che è loro proprio: il Padre manifesta la Sua potenza; il Figlio riprende la vita che ha liberamente offerto (Gv 10,17) riunendo la Sua anima e il Suo corpo, che lo Spirito vivifica e glorifica. La Risurrezione è il culmine dell'Incarnazione: conferma la divinità di Cristo, come pure tutto ciò che Egli ha fatto e insegnato, e realizza tutte le promesse divine in nostro favore. Essa è inoltre il principio della nostra giustificazione e della nostra Risurrezione.
Con l'espressione secondo le Scritture non si intende sminuire la veridicità della Risurrezione, quasi ad addossare ad altri la responsabilità di quanto appena affermato. Al contrario, quel secondo è da intendersi con il significato di "conformemente a", cioè conformemente a quanto le Scritture avevano già profetizzato: Certo, Dio riscatterà la mia vita, mi strapperà dalla mano degli inferi (Sal 49,16) e perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa (Sal 16,10).
Gesù è risuscitato, non è tornato in vita come Lazzaro, la figlia di Giairo o il figlio della vedova di Nain: essi hanno ripreso la vita di prima e poi sono morti nuovamente. La risurrezione di Gesù è diversa: Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore. Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che nascerà, ma un semplice chicco di grano o di altro genere. [...] Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell'incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale (1Cor 15, 36-37.42-44).
Il Mistero della Risurrezione è completato dalla Sua Ascensione. Cristo sale al cielo e siede alla destra del Padre. Egli è il Signore che regna ormai con la sua umanità nella gloria eterna di Figlio di Dio e intercede incessantemente in nostro favore presso il Padre. Ci manda il suo Spirito e ci dà la speranza di raggiungerlo un giorno, avendoci preparato un posto. Cristo ha ripreso quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse (Gv 17,5).(CCC, nn. 631, 638, 648-655, 658-667).
Dopo l'ultimo sconvolgimento cosmico di questo mondo che passa, la venuta gloriosa di Cristo avverrà con il trionfo definitivo di Dio nella Parusia (la Seconda venuta di Cristo, dal greco parousía, "presenza") e con l'ultimo Giudizio. Si compirà cosi il Regno di Dio, per l'eternità. Cristo giudicherà con il potere che ha acquisito come Redentore del mondo, venuto a salvare gli uomini: Lui stesso ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio (At, 10,42). I segreti dei cuori saranno svelati, come pure la condotta di ciascuno verso Dio e verso il prossimo. Ogni uomo sarà colmato di vita o dannato per l'eternità a seconda delle sue opere. La comunità dei cristiani vive quest'attesa ogni giorno e nella celebrazione eucaristica gioisce nell'attesa della sua venuta.
Il credente, anche e soprattutto se condannato dagli uomini, può rimanere in pace se ha obbedito a Gesù. E colui che è ritenuto innocente dalle folle, se non è in sintonia con la parola di Gesù, rimane fuori dal cuore di Dio. Chi rifiuta il dono dell'amore di Dio e della Sua Luce rimane nella tenebra. Chi rifiuta Gesù rimane privo di salvezza, resta immerso nella schiavitù della corruzione (CCC, nn. 675-682).
Spirito Santo è il nome proprio della terza Persona della Trinità. Terza non in ordine di importanza: i numeri, che in Dio non esistono, sono necessari a causa dei nostri limiti, di ragione e di linguaggio. Gesù lo chiama anche: Spirito Paraclito (Consolatore, Avvocato) e Spirito di Verità. Innumerevoli sono poi i nomi (Spirito di Cristo, Spirito del Signore, Spirito di Dio, Spirito della gloria,...) e i simboli (acqua viva, che scaturisce dal cuore trafitto di Cristo e disseta i battezzati; unzione con l'olio, che è il segno sacramentale della Confermazione; fuoco, che trasforma ciò che tocca; nube, oscura o luminosa, in cui si rivela la gloria divina; imposizione delle mani, per cui viene dato lo Spirito; colomba, che scende su Cristo e rimane su di lui al battesimo) con i quali viene indicato nel Nuovo Testamento.
È Signore, cioè è Dio Egli stesso, Persona divina distinta dal Padre e dal Figlio. E dà la vita: ha dato vita umana al Figlio di Dio nel grembo di Maria e dà vita divina a noi nel nostro corpo, tempio dello Spirito. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito (Gv 3,6).
Credendo nello Spirito Santo, l'uomo intende affidarsi alla Sua guida, rinunciando agli spiriti del mondo che lo tratterrebbero nella schiavitù della materia e dell'egoismo. Lo Spirito Santo eleva l'uomo ad accogliere Gesù, unica salvezza. (CCC, nn. 687-688, 691-701).
Gesù chiede lo Spirito Santo al Padre (Gv 14,16) e il Padre lo manda nel Nome di Gesù (Gv 14,26). Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio (Gal 4,6), affinché riceviamo la nuova vita di figli di Dio. e Gesù lo manda “dal Padre”procede dal Padre e dal Figlio. Lo Spirito Santo mi porta a dar gloria al Padre e al Figlio, a dar loro importanza, a volerli conoscere con spirito di verità. Quando Padre e Figlio ricevono gloria, quella gloria va pure allo Spirito Santo
Con il termine profeti si intende quanti furono ispirati dallo Spirito Santo per parlare in nome di Dio. Lo Spirito porta le profezie dell'Antico Testamento a pieno compimento in Cristo, di cui svela il mistero nel Nuovo Testamento: il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (Gv, 14,26). Tutta la Scrittura ci parla di Cristo, che è prima che Abramo fosse(Gv 8,58). (CCC, 687-688, 702-706, 743).
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Schema della relazione trinitaria fra Padre, Figlio e Spirito Santo e sua spiegazione, realizzati sulla base del Simbolo atanasiano (Quicumque vult). Attribuito a Sant'Atanasio (IV sec.) e affine alla teologia di sant'Ambrogio di Milano, fu utilizzato per combattere l'eresia ariana, negante la divinità di Cristo.
Nello schema, modellato come un triangolo equilatero, è possibile leggere come Dio Padre (Pater) non è (non est) il Figlio, né lo Spirito Santo, e così via secondo gli altri rapporti; ma vi si legge anche che ognuno fra Dio, il Figlio e lo Spirito Santo è (est) Dio (Deus): tutte le tre persone della Trinità hanno cioè la stessa natura divina, possiedono la divinità, ma non sono tre diversi déi, bensì le Tre Persone dell'Unico Dio.
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