Istituito nel 1384 per iniziativa di Giovanni Varano, originariamente come Monastero di Santa Maria Nova, quello che oggi è il Monastero di Santa Chiara sorge a Camerino (MC). Splendido nelle sue architetture e ancor più nella sua spiritualità, il monastero ha passato - potremmo dire indenne nella sostanza - le traversie di una storia fatta anche di difficoltà e ostilità.
Al monastero è legata l'opera spirituale e materiale di santa Camilla Battista Varano, nipote del fondatore, canonizzata durante il pontificato di Benedetto XVI, «presenza e testimonianza autentica della bellezza di appartenere a Cristo, povero e crocifisso».
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Sorella, ci racconti brevemente la sua esperienza: da dove viene? Come ha maturato questa scelta, o meglio questa "chiamata di vita" fra le Clarisse di Camerino?
Pace Bene!
Mi presento subito: sono sr. Laura Cristiana vengo da Pesaro, ho 36 anni e da 15 anni sono in monastero. Nel 1997, durante un triduo pasquale a cui partecipavo assieme al gruppo scout a cui appartenevo, ho incontrato la comunità delle Sorelle Povere di S. Chiara di S. Severino Marche (MC) ed è iniziata così la mia "avventura" che, dopo una grande inquietudine, mi ha condotto a riconoscere in questa scelta di vita il mio "tesoro prezioso". Pensando al mio futuro, come ogni ragazza me lo immaginavo accanto ad un uomo, con una famiglia mia: mai avrei creduto di diventare una suora... Ma il Signore entrando nella mia vita, ha stravolto tutti i miei piani e mi ha indicato la strada, insomma mi ha sedotto e... io mi sono lasciata sedurre! (Cf. Ger 20,7, NdR).
La sua chiamata mi ha raggiunto nonostante i miei nascondimenti e ha sconvolto la mia vita mentre, presa dal vortice delle mie attività (università, lavoro, scout, amici, volontariato...), rischiavo di dimenticare l'Essenziale. Il mio cuore era piuttosto lontano dal Signore e la mia religiosità era più che altro un'abitudine superficiale, ma un desiderio mi abitava: non volevo sprecare la vita, quell'unica occasione data a ciascuno per realizzare qualcosa di grande. Volevo fare qualcosa di bello, anche se non sapevo né come né dove. In tutto questo però, figlia della mentalità del "fai da te", evitavo di pormi l'unica domanda fondamentale: Signore che cosa vuoi che io faccia? Quando incontrai la comunità di S. Severino, d'improvviso sentii rivolta a me la domanda che Gesù nel Vangelo fa a Pietro: Mi ami tu? (Cf Gv 21,15-19, NdA). Fui costretta a fermarmi e a riflettere su ciò che il Signore voleva veramente da me e sul fascino che inaspettatamente quella forma di vita, apparentemente così assurda e così lontana da ogni mio progetto, in realtà esercitava su di me.
Fin da subito ho avvertito una forte resistenza e una potente ribellione. Una grande paura mi prese, al solo pensiero di lasciare tutte le mie sicurezze, rivoluzionando la mia vita. Ma ho sperimentato anche come sia vano lottare contro il Signore e come siano profonde la pace e la gioia che Egli mette nei cuori di chi si abbandona a Lui, così nell'agosto del 1998 entrai in monastero. Dopo qualche anno mi fu chiesta la disponibilità per partire per Camerino, per rifondare questa comunità, assieme ad altre tre sorelle. In quell'abbandono fiducioso e in quella consegna di sé che caratterizza la nostra vita, nel novembre del 2004, partii. Poi il 2 giugno 2006, festa di santa Camilla Battista, dopo 9 anni di cammino e discernimento, ho pronunciato il mio definitivo "Sì" a Cristo e alla Chiesa. Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna (Gv 6,68, NdR) è la frase che ho scelto in occasione della mia Professione Solenne, come espressione del cammino che il Signore mi ha donato fare: queste parole riassumono il senso di gratitudine che provo, il desiderio che mi spinge e l'orizzonte verso cui tendere. Davvero posso dire con santa Chiara: l'Amore di Cristo rende felici.
Spesso la clausura viene interpretata come una scelta di estraniazione, quasi una resa di fronte al "mondo" che avanza. È davvero così?
La vita contemplativa agli occhi di molti, è una vita sprecata, vuota, inutile che nasce dal timore di non farcela di fronte alle sfide del mondo, e assume la forma di una sorta di fuga egoistica che cerca rifugio in una sorta di "nido rassicurante".
In realtà il monastero è immerso nel mondo, nella storia e nella vita dell'umanità, ne è il cuore pulsante. Chi sceglie una vita contemplativa, sceglie di collocarsi non fuori dal mondo ma nel cuore stesso mondo e della storia, in una forma ritirata che non è mai isolamento o fuga, ma è profonda comunione e radicale condivisione delle gioie e delle speranze, dei problemi e delle angosce dell'umanità. Un contemplativo non vede le persone "dall'esterno", ma dall'interno e nel profondo: questa è la ricchezza della vita contemplativa.
Ancora cardinale, Papa Francesco ha molto valorizzato la preghiera delle monache di clausura nei momenti più difficili della società argentina: è davvero possibile cambiare il mondo dalla clausura?
Certamente una monaca di clausura non raggiunge direttamente quelle urgenze umanitarie più evidenti agli occhi, e che anche noi conosciamo bene attraverso i media e non solo, ma questo non significa non farsi carico dell'altro e di quello che il nostro mondo e l'uomo di oggi vive. Quello che sperimentiamo con la nostra vita è quel misterioso intervento indiretto che attraverso la potenza della preghiera di intercessione e di supplica si fa mano tesa verso i fratelli nella prova, e attraverso la quotidiana offerta della nostra vita, diventa "spreco evangelico" come quel vasetto d'olio versato per lavare i piedi di Gesù.
San Paolo, ci ricorda che la Chiesa è un corpo formato da tante membra, in cui se il missionario rappresenta il piede che va nei paesi lontani e la suora di un ospedale è la mano che cura e allevia le sofferenze, la nostra scelta di vita costituisce il cuore di questo grande corpo: un organo invisibile che, apparentemente, non produce nulla, ma che è fondamentale perché tutto il corpo - irrorato in ogni sua fibra, con il sangue misterioso della preghiera - stia bene e possa portare a termine la sua missione. E appunto la preghiera che è il cuore della nostra vita, il suo respiro, il suo ritmo rappresenta la via che rende concreto il nostro impegno di contemplative nel cuore del mondo, nella consapevolezza che solo attraverso questa segreta e incomparabile forza possiamo raggiungere il cuore di tutti gli uomini.
Alla domanda, dunque: «che efficacia può avere la preghiera per la soluzione dei tanti problemi concreti che continuano ad affliggere l'umanità? Che senso e che valore può avere la presenza di monasteri in questo nostro tempo, in cui numerose e urgenti sono le situazioni di povertà e di bisogno a cui far fronte?» vorrei rispondere con le parole di Benedetto XVI in occasione della festa Pro orantibus 2012: Questi nostri fratelli e sorelle testimoniano silenziosamente che in mezzo alle vicende quotidiane, talvolta assai convulse, unico sostegno che mai vacilla è Dio, roccia incrollabile di fedeltà e di amore. Perciò questi luoghi, apparentemente inutili, sono invece indispensabili, come i 'polmoni' verdi di una città: fanno bene a tutti, anche a quanti non li frequentano e magari ne ignorano l'esistenza.
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