Comprendere la posizione della Chiesa in merito all'omosessualità maschile e femminile è molto più semplice di quanto non possa far supporre le maggioranza delle trattazioni, sovente di media in cerca di sensazionalismo e nella maggioranza dei casi viziate da superficialità, malizia e da una interpretazione più che confusa della natura della Chiesa e del suo Magistero.
Affrontare una tema che ha attinenza con la sessualità, è innegabile, crea sovente falsi pudori, molto spesso disorientanti e deleteri. È bene dunque confrontarsi sin dall'inizio con le parole di Cristo: «Sia invece il vostro parlare: "Sì, sì", "No, no"; il di più viene dal Maligno» (Mt 5,37). La trattazione che segue, seguendo schiettamente questo comando e senza la pretesa di risultare un punto di riferimento, si pone lo scopo di chiarire alcuni punti sull'argomento.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, naturale riferimento per il credente e per il non credente che inteda approcciarsi alla Chiesa di Cristo, inserisce l'omosessualità nel novero dei quattro peccati che gridano contro il cielo e si occupa espressamente di omosessualità ai numeri 2357, 2358 e 2359 (Castità e omosessualità, consultabili online sul sito della Santa Sede), che nella loro ammirevole chiarezza hanno il merito di tratteggiare in poche parole un quadro altrimenti complesso.
2357 L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.
Fra i passi biblici che possono essere citati a sostegno della posizione espressa nel Catechismo, troviamo ad esempio:
La rispondenza alle Sacre Scritture mostra come la posizione della Chiesa, su questo e su altri temi, non sia il frutto di una mera deliberazione umana, soggetta ai mutamenti sociali, ma si fondi sulla Parola di Dio, mai "vecchia" o "superata", ma eterna ed immutabile. Ciò testimonia altresì come ogni ripartizione dei membri della Chiesa in "conservatori", "progressisti", "cattolici adulti" e altri raggruppamenti dalla denominazione più o meno fantasiosa, sia del tutto priva di fondamento, se non nella distinzione fra coloro che seguono la Parola di Dio per come ci è stata trasmessa e coloro che scelgono deliberatamente di non farlo.
Il fatto che il Catechismo della Chiesa Cattolica escluda espressamente e in ogni caso l'approvazione degli atti omosessuali, chiarisce quale rapporto il cristiano debba avere con ogni tentativo di loro giustificazione e apologia, fosse anche per mezzo delle leggi dello Stato. Utile a questo proposito è quanto si legge al numero 2286 del Catechismo:
2286 Lo scandalo può essere provocato dalla legge o dalle istituzioni, dalla moda o dall'opinione pubblica. Così, si rendono colpevoli di scandalo coloro che promuovono leggi o strutture sociali che portano alla degradazione dei costumi e alla corruzione della vita religiosa, o a «condizioni sociali che, volutamente o no, rendono ardua o praticamente impossibile una condotta di vita cristiana, conformata ai precetti del Sommo Legislatore». La stessa cosa vale [...] per coloro che, manipolando l'opinione pubblica, la sviano dai valori morali.
Sull'omosessualità il Catechismo interviene poi ai numeri 2358 e 2359:
2358 Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.
2359 Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.
Facendosi tramite della suprema Misericordia di Dio, la Chiesa riconosce l'omosessualità come una prova, da intendersi come circostanza difficile o dolorosa. Questa definizione della Chiesa basta a confutare la supposta "gaiezza di vita" derivante da questa condizione. Come per ogni prova, però, il cristiano dovrebbe — non senza un'umana difficoltà — cercare di trasformare la difficoltà in occasione di unirsi maggiormente al Signore.
Al tempo stesso la Chiesa indica magistralmente una grande verità, accostando i termini persona e omosessuale, prestando attenzione a non utilizzare la parola "omosessuale" come sostantivo, ma sempre come aggettivo. Sotto un'apparente sottigliezza grammaticale, riluce la distinzione che la Chiesa opera fra persona, eventualmente peccatrice, e peccato. In nessun caso una persona può coincidere esclusivamente con un peccato commesso e ogni tendenza ad operare questa sovrapposizione, oggi purtroppo quantomai diffusa più per ideologia di parte che per semplice brevità, risulta sminuente dell'alta dignità della persona umana, creatura e figlia del Dio Altissimo. Chi mai potrebbe accettare che una persona che bestemmia coincida esclusivamente con le bestemmie proferite? O una persona adultera soltanto con l'adulterio commesso? Perché, dunque, questo dovrebbe valere per una persona omosessuale? Essa non coincide con la propria omosessualità. Suggerire tale sovrapposizione infrangerebbe altersì ogni possibilità di redenzione e di perdono, prima di tutto negando l'infinita Misericordia di Dio ed in secondo luogo la capacità dell'uomo di cambiare e migliorarsi.
Distinzione netta è dunque operata fra atto e tendenza o inclinazione, pur tenendo presente che «la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l'inclinazione stessa dev'essere considerata come oggettivamente disordinata» (Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali , 1986, n. 3). In linea generale, possiamo definire l'atto come il deliberato consenso dato dalla persona libera alla tentazione a commettere un peccato. La tentazione, di per sé, non costituisce peccato, mentre lo è l'atto.
La Chiesa indica anche l'atteggiamento che il cristiano deve tenere nei confronti della persona omosessuale: una cristiana compassione per chi sperimenta una condizione difficile e, al tempo stesso, la ferma condanna dell'omosessualità in ogni sua forma, apologia e sostegno. Nessuna accettazione è da considerarsi neppure laddove l'omosessualità non fosse il risultato di una libera scelta, ma una condizione indipendente dalla persona che ne è vittima: l'atto omosessuale, infatti, proprio in quanto atto può essere deliberatamente evitato facendo valere la libertà e la volontà della persona, che — stanti le umane fragilità — può sempre scegliere di non compierlo. Naturalmente, con questo la Chiesa indica altresì quale deve essere l'atteggiamento della persona omosessuale: vivere la prova dell'omosessualità mantenendosi nell'amore di Dio, attraverso la castità, vissuta in questo caso come totale astinenza da atti omosessuali.
Come si vede, nel Catechismo la Chiesa parla espressamente di discriminazioni. Naturalmente questo termine può assumere, talvolta non senza malizia, un significato abnorme in quanto ad estensione e per questo necessita di essere correttamente definito e contestualizzato, tenendo presente che «una delle tattiche usate [dagli apologi dell'omosessualità, NdA] è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione» (ibid. , n. 9). Le discriminazioni cui fa riferimento il Catechismo sono dunque da riferire alla sfera della violenza, che il cristiano deve rifiutare in ogni sua forma.
Nel documento Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione (24 luglio 1992), la Chiesa afferma che «non vi è un diritto all'omosessualità che pertanto non dovrebbe costituire la base per rivendicazioni giudiziali» (Ibid. , n. 13) perché «la tendenza sessuale non costituisce una qualità paragonabile alla razza, all'origine etnica, ecc. rispetto alla nondiscriminazione. Diversamente da queste, la tendenza omosessuale è un disordine oggettivo» (Ibid. , n. 10). Tant'è vero che «vi sono ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale: per esempio, nella collocazione di bambini per adozione o affido, nell'assunzione di insegnanti o allenatori di atletica, e nel servizio militare» (Ibid. , n. 11), unitamente alla dissuasione di candidati omosessuali al sacerdozio (Istruzione della Congregazione per l'Educazione Cattolica circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri , 2005), in special modo per quel candidato che «pratica l'omosessualità o presenta tendenze omosessuali profondamente radicate» (ibid. ).
Il ministero petrino cui è stato chiamato papa Francesco ha cambiato in qualche modo il rapporto con l'omosessualità? In alcun modo. Pur avendo già espresso sin da cardinale, con chiarezza e per iscritto, la propria posizione in merito all'omosessualità e ai progetti legislativi di "matrimoni" fra persone dello stesso stesso poi concretizzatisi in Argentina, papa Francesco è tornato ad occuparsi di omosessualità nella esortazione apostolica Evangelii Gaudium (24 novembre 2013), suo primo documento ufficiale autonomo in veste di pontefice - se non vogliamo considerare la lettera enciclica Lumen Fidei, in cui l'apporto di Francesco, pur sostanziale, si innestava su una impostazione riconducibile ad una avanzata fase di stesura di Benedetto XVI.
Per quanto nessun cristiano si attendesse ragionevolmente delle "rivoluzioni" (e non potevano essercene, alla luce del Vangelo) le parole di papa Francesco - ufficiali, scritte nero su bianco, più difficilmente stravolgibili di un'intervista e per questo ignorate dal pensiero comune contro il quale il pontefice mette nuovamente in guardia - hanno il grande merito di ribadire acuni punti fermi in merito ad omosessualità, famiglia e cosiddetti "matrimoni" omosessuali, in piena sintonia con il Vangelo e il Magistero della Chiesa cattolica. Naturalmente.
Il pontefice affronta - non a caso - l'argomento dell'omosessualità ai punti 64, 65 e 66 dell'Esortazione, come rendono evidenti le note al documento, insieme a famiglia, etica e pensiero comune ed omologante. Si riportano integralmente e senza modifiche (salvo l'aggiunta dellla formattazione in grassetto) i passi in questione e le relative note.
64. Il processo di secolarizzazione tende a ridurre la fede e la Chiesa all'ambito privato e intimo. Inoltre, con la negazione di ogni trascendenza, ha prodotto una crescente deformazione etica, un indebolimento del senso del peccato personale e sociale e un progressivo aumento del relativismo, che danno luogo ad un disorientamento generalizzato, specialmente nella fase dell'adolescenza e della giovinezza, tanto vulnerabile dai cambiamenti. Come bene osservano i Vescovi degli Stati Uniti d'America, mentre la Chiesa insiste sull'esistenza di norme morali oggettive, valide per tutti, «ci sono coloro che presentano questo insegnamento, come ingiusto, ossia opposto ai diritti umani basilari. Tali argomentazioni scaturiscono solitamente da una forma di relativismo morale, che si unisce, non senza inconsistenza, a una fiducia nei diritti assoluti degli individui. In quest'ottica, si percepisce la Chiesa come se promuovesse un pregiudizio particolare e come se interferisse con la libertà individuale». [59] Viviamo in una società dell'informazione che ci satura indiscriminatamente di dati, tutti allo stesso livello, e finisce per portarci ad una tremenda superficialità al momento di impostare le questioni morali. Di conseguenza, si rende necessaria un'educazione che insegni a pensare criticamente e che offra un percorso di maturazione nei valori.
[nota 59] United States Conference of Catholic Bishops, Ministry to persons with a Homosexual Inclination: Guidelines for Pastoral Care (2006), 17.
65. Nonostante tutta la corrente secolarista che invade le società, in molti Paesi – anche dove il cristianesimo è in minoranza – la Chiesa Cattolica è un'istituzione credibile davanti all'opinione pubblica, affidabile per quanto concerne l'ambito della solidarietà e della preoccupazione per i più indigenti. In ripetute occasioni, essa ha servito come mediatrice per favorire la soluzione di problemi che riguardano la pace, la concordia, l'ambiente, la difesa della vita, i diritti umani e civili, ecc. E quanto grande è il contributo delle scuole e delle università cattoliche nel mondo intero! È molto positivo che sia così. Però ci costa mostrare che, quando poniamo sul tappeto altre questioni che suscitano minore accoglienza pubblica, lo facciamo per fedeltà alle medesime convinzioni sulla dignità della persona umana e il bene comune.
66. La famiglia attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunità e i legami sociali. Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori trasmettono la fede ai figli. Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno. Ma il contributo indispensabile del matrimonio alla società supera il livello dell'emotività e delle necessità contingenti della coppia. Come insegnano i Vescovi francesi, non nasce «dal sentimento amoroso, effimero per definizione, ma dalla profondità dell'impegno assunto dagli sposi che accettano di entrare in una comunione di vita totale». [60]
[nota 60] Conférence des Évêques de France. Conseil Famille et Société, Élargir le mariage aux personnes de même sexe? Ouvrons le débat! (28 septiembre 2012).
Un breve riferimento merita infine la ormai famosa frase pronunciata dal pontefice durante il viaggio di ritorno da Rio de Janeiro, a conclusione dell Giornata Mondiale dell Gioventù 2013 («Se una persona è gay [...] chi sono io per giudicarla?»), nella quasi totalità dei casi rilanciata dagli organi di stampa nella sua forma maliziosamente "abbreviata". Risulta quindi utile riportare non solo la frase per intero, ma anche il contesto del pensiero del pontefice. Alla domanda «Come intende affrontare questa questione [di monsignor Ricca, prelato dello IOR, accusato di essere coinvolto in una relazione omosessuale] e come Sua Santità intende affrontare tutta la questione della "lobby gay"?», in merito all'omosessualità papa Francesco rispose in pieno accordo con il Catechismo della Chiesa cattolica, del quale si è detto sopra, ammettendo altresì il pericolo di "fare lobby", di qualsiasi tipo siano: «Dicono che ce ne siano. Ma si deve distinguere il fatto che una persona è gay dal fatto di fare una lobby. Se è lobby, tutte non sono buone. Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà [questo il pezzo volutamente decurtato dagli organi di stampa, NdR], chi sono io per giudicarla? Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte. Il problema non è avere queste tendenze, sono fratelli, il problema è fare lobby: di questa tendenza o d'affari, lobby dei politici, lobby dei massoni, tante lobby... questo è il problema più grave».
Come si può notare, il pontefice parla innanzitutto di tendenze, e non di pratiche. Le prime, si è detto, non costituiscono peccato, le seconde - in quanto messa in pratica delle prime - sì. Si sta dunque parlando di persone omosessuali cristiane, di buona volontà e alla ricerca del Signore, non accondiscendenti agli impulsi carnali. Quanto al Catechismo, come si è visto, con sufficiente chiarezza indica tali impulsi come deviati.
Come ogni altro peccato, anche quello di omosessualità esiste da millenni e con esso la Chiesa si rapporta sin dalle origini, condannandolo - come gli altri peccati - senza mezzi termini, sempre nell'ottica di salvare la persona umana, il bene comune dell'umanità e al tempo stesso rifiutando ogni tipo di rivendicazione che possa in qualche modo legittimare quella che viene considerata a tutti gli effetti una «grave depravazione».
Una posizione netta e chiara, incontrovertibilmente fondata sulla immutabilità ed eterna attualità delle Sacre Scritture ed accolta nei secoli dal Magistero. Ciò dimostra come, anche all'esame di un breve approfondimento, la pretesa di scorgere delle "novità" o delle "svolte epocali", "cambiamenti di giudizio" da parte della Chiesa ad ogni parola pronunciata da un suo membro, chiunque esso sia, risulti non solo inconsistente (stante l'immutabilità della Parola di Dio, sulla quale la Chiesa si fonda), ma molto spesso maliziosa fonte di disorientamento, anche nei fedeli.